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“Vi racconto Bologna”: quando la guida è un migrante

Sei inusuali “ciceroni” hanno accompagnato decine di bolognesi a riscoprire alcuni luoghi della loro città e a conoscere insieme qualcosa che ancora non conoscevano sull’immigrazione e sul punto di vista dei migranti. L’occasione è stata la Giornata Mondiale del Rifugiato 2018, che si è svolta il 20 giugno e ha visto anche a Bologna la realizzazione un evento dell’iniziativa Migrantour. A organizzarla l’associazione Next Generation Italy, all’interno del programma del “Festival Atlas of Transitions”, in collaborazione con la coop sociale Arca di Noè, che ha coinvolto per questo speciale appuntamento alcuni ospiti della struttura SPRAR di Villa Aldini.

Next Generation cura da alcuni anni a Bologna l’organizzazione del progetto Migrantour con l’obiettivo di mostrare le trasformazioni urbane con gli occhi di chi vive la città quotidianamente e incontrando testimoni per creare un ponte tra storia e contemporaneità alla riscoperta delle proprie radici. Migrantour Bologna intende così valorizzare il contributo che generazioni di migranti hanno dato alla storia della città. A offrire la propria esperienza personale durante le visite sono solitamente migranti, italiani e stranieri – appositamente formati dalla rete europea del progetto -, nel ruolo di “accompagnatori interculturali”.

Un itinerario ideato da chi è appena arrivato a Bologna

Quello che fino ad oggi non era mai stato sperimentato nel corso delle passeggiate era il punto di vista di chi è arrivato da pochissimo tempo in città. Next Generation ha così pensato a un percorso particolare per il 20 giugno, un itinerario speciale della città tracciato attraverso gli occhi e con la guida di un gruppo di richiedenti asilo e rifugiati politici. Lo hanno chiamato “Rotte migranti e vie di Bologna” e hanno chiesto ad Arca di Noè una mano nel sensibilizzare e invitare a partecipare i richiedenti asilo più motivati tra quelli in accoglienza nelle strutture gestite dalla cooperativa. In vista dell’evento, nei mesi di aprile e maggio, sono stati perciò realizzati 7 workshop al centro di accoglienza di Villa Aldini, per elaborare mappe emozionali che permettessero di mettere meglio a fuoco le relazioni fra i soggetti accolti e fra essi e i luoghi di appartenenza o di temporaneo attraversamento. Quali luoghi di Bologna sono i più graditi e quali quelli più evitati, e perché, dai nuovi abitanti della città?

Il risultato è stata una mappatura emozionale e partecipata che ha segnato la passeggiata che si è svolta a tappe, per circa due ore, il pomeriggio del 20 giugno. Partenza da Piazza Verdi e arrivo al Chiostro dell’Arena del Sole, dove le mappe sono state discusse e rianalizzate con il contributo di tutti i partecipanti.

 

Foto di Cladia Cavazzi

 

Un percorso emozionale della città

“Abbiamo pensato, insieme ai migranti, dei percorsi in cui la descrizione del singolo luogo non è forse lo scopo centrale – racconta Filomena Cillo di Next Generation –. Quello che viene privilegiato è piuttosto il loro punto di vista, come vivono la città, cosa portano con sé da condividere con gli altri del loro viaggio, quali sono stati i momenti positivi in cui hanno ricevuto aiuto e quando a loro volta sono stati di aiuto agli altri. Abbiamo poi chiesto loro di associare delle emozioni ai luoghi che meglio conoscono in città, luoghi attraenti e altri che vengono considerati “off limits”. Si sono interrogati su come alcuni luoghi potevano ricordare aspetti della loro casa, sia in positivo sia in negativo. Abbiamo cercato insieme a loro di creare una narrazione che andasse oltre gli stereotipi e privilegiasse invece ciò che c’è in comune tra le diverse culture”.

Una volta selezionate le “guide” e i luoghi, è stato fatto un giro di prova insieme agli accompagnatori interculturali più esperti, per mettere a punto le modalità di esposizione e di interazione con il pubblico. Al termine di ogni presentazione, infatti, i partecipanti hanno fatto tante domande ai migranti, sia sui luoghi visitati che, soprattutto, sulle loro esperienze e punti di vista.

Kindo, maliano con la passione delle lingue: “Mi piacerebbe fare la guida turistica”

Tra i sei ciceroni c’era anche Mohamed Kindo, maliano ventiduenne a Bologna da quasi un anno. Il suo italiano fluente stupisce e tradisce la sua grande passione per le lingue, nata fin dai tempi delle scuole superiori in Mali. Da quando è in Italia non ha fatto altro che studiare, informarsi, documentarsi, leggere: “Ho studiato l’italiano al CPIA metropolitano di viale Vicini, ma mi interessano tutte le lingue – spiega -. Ho imparato un po’ di inglese, francese e ora sto studiando il tedesco. Nel mio Paese ero attratto dal lavoro delle guide con i turisti stranieri, così appena è capitata questa occasione ne ho approfittato per provare a farlo anche io. Grazie al corso che ci è stato fatto ho capito che non basta vivere in una città per capirla, ma si deve anche studiarne la storia, approfondirne tanti aspetti”.

Durante il Migrantour bolognese, Kindo ha fatto da guida in Sala Borsa, all’Archiginnasio e nell’ex ghetto ebraico. “La Sala Borsa è uno dei luoghi che preferisco, sia perché lì trovo molti migranti come me con cui parlare e fare amicizia sia perché posso cercare libri e leggere – prosegue Kindo -. L’Archiginnasio invece mi ricorda l’antica università di Timbuctù, nel nord del mio Paese. È un luogo ricco di cultura e sapere come l’università di Bologna. Il ghetto ebraico invece mi ha colpito perché non immaginavo che anche qui si fossero vissute cose simili a quelle accadute secoli fa nella regione maliana di Sikasso: anche lì ci fu la discriminazione e la persecuzione di un popolo per motivi razziali. Quando l’ho raccontato al pubblico del tour nessuno sapeva nulla di quella storia”.  Tra i luoghi della città che Kindo preferisce non frequentare ci sono invece il parco della Montagnola e Piazza Verdi: “C’è gente che fa cose che non mi piacciono, sono zone che evito perché le ritengo pericolose”.

 

Foto di Claudia Cavazzi

 

Amin dalla Sierra Leone: “Le due torri un simbolo come la rotonda di Freetown”

Anche Amin, ventitreenne  della Sierra Leone arrivato in Italia un anno fa, concorda con Kindo sui luoghi di Bologna che è meglio evitare. Su Piazza Verdi, però, si è in parte ricreduto dopo averne fatto una tappa del tour. “Quando sono arrivato a Bologna non conoscevo bene quella piazza, pensavo fosse pericolosa perché vi vedevo spesso la polizia – racconta Amin -. Grazie a Migrantour ho capito che non è poi così terribile e ogni tanto vado lì per incontrare gli amici”. Anche Amin ha fatto da guida all’Archiginnasio, un luogo che gli ricorda casa: “Mia sorella è stata all’università, nel nostro Paese. Non avevamo molti soldi in famiglia e io non ho potuto frequentarla”. La terza tappa della guida Amin sono state le Due Torri: “A Freetown, la nostra capitale, c’è una grande rotonda con un albero molto alto nel mezzo – spiega -. Come le torri di Bologna è un simbolo della città e una meta turistica”. Anche per il giovane sierraleonese la Sala Borsa è un luogo piacevole, sia per fare amicizie che per studiare. Amin, infatti, è appassionato di storia ed è curioso di tutti i monumenti e le chiese che incontra a Bologna. In attesa di poter studiare la storia frequenta anche lui il CPIA di viale Vicini, dove ha già imparato un buon italiano.

Un modo per condividere esperienze e punti di vista

Il successo di questa prima edizione di Migrantour con la partecipazione dei richiedenti asilo fa prevedere un seguito per il 2019, su cui Next Generation Italy e Arca di Noè stanno già cominciando a lavorare. “L’impegno e l’entusiasmo che hanno messo tutti gli ospiti che hanno partecipato a questa prima esperienza è stato davvero incoraggiante – dice Sara Baranello di Arca di Noè -. Gli incontri e il giro di prova si sono svolti durante il Ramadan e tutti i volontari hanno partecipato con entusiasmo. Pur non avendo esperienze analoghe precedenti, se la sono cavata benissimo nel rispondere alle domande del pubblico e nel gestire anche le telecamere delle tv che sono venute a documentare l’evento. Ciò che poi crediamo resterà in tutti noi che abbiamo partecipato al laboratorio è il percorso che ci ha portati alla creazione delle mappe emozionali e alla passeggiata: un’esperienza caratterizzata dalla condivisione di esperienze, di elementi in comune e aspetti differenti, delle esperienze reciproche nella città”.

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