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Una squadra di calcio davvero speciale

“Passa a destra”, “Stagli sotto”, “Tira che dietro copro io!” Sul campo da calcio, la lingua franca è l’italiano, qualche volta anche l’inglese. Ma i giocatori della Popolare Antoniano in realtà ne parlano molte altre, di lingue: wolof, arabo, russo, dari, francese. Questa nuova squadra nata a Bologna a settembre 2023 al suo interno ha ben dieci nazionalità: Guinea Conakry, Gambia, Senegal, Costa d’Avorio, Tunisia, Afghanistan, Siria, Mali, Burkina Faso, Polonia. E anche Italia, naturalmente. Sì, perché oltre a dodici beneficiari del Progetto SAI del Comune di Bologna, coordinato da ASP Città di Bologna, ci sono anche tre operatori sociali e due addetti alla produzione televisiva di Antoniano onlus.

“Tutto è cominciato l’anno scorso al torneo dei Giochi antirazzisti: abbiamo formato una squadra, eravamo più di venti”, racconta Fernando Cimini, difensore della squadra e operatore di Antoniano onlus che si occupa del progetto. “Non abbiamo fatto nessun allenamento, ci siamo buttati. Abbiamo giocato i gironi e poi siamo usciti agli ottavi, ai rigori. Ma al di là del risultato è stato bello, c’è stato un grande coinvolgimento da parte dei ragazzi: è stata un’occasione per stringere i rapporti tra di noi, e con tante altre realtà”.

Da quell’esperienza nasce poi l’idea di iscriversi al campionato UISP di calcio a sette: viene così registrata la squadra “Popolare Antoniano”, e a ottobre si svolge la prima partita. “Per i ragazzi è un grande impegno”, racconta. “Ogni settimana c’è un match: a volte giochiamo in città, altre volte bisogna andare lontano, sull’Appennino, magari in autobus o in corriera. Non è scontato che i ragazzi vengano a giocare d’inverno, con il freddo, di notte”. E invece il risultato è stato raggiunto: la Popolare Antoniano è arrivata in fondo al campionato, classificandosi settima su dieci. “La nostra vera vittoria è stata vedere quanto impegno c’è stato da parte dei ragazzi”, dice Fernando. “In campo ci siamo sempre divertiti, non abbiamo mai vissuto episodi di tensione e di nervosismo. È questa la base dello sport”.

Tra i giocatori c’è Karifala, 28 anni, dalla Guinea Conakry, che sta in attacco: “Sono quello che fa più gol in campo, e sono anche uno dei più vecchi come età”, dice, e poi aggiunge ridendo: “Do consigli agli altri, quando mi ascoltano”. Karifala è nascosto sotto il cappellino nero, la maglietta larga e le cuffie per ascoltare la musica. Ha una corporatura imponente, tanto che in campo ha una maglietta diversa, perché “di quella taglia non ne producono”. È arrivato a Bologna nell’estate del 2023, dopo un lungo viaggio: prima viveva in Ucraina, dove costruiva manufatti artigianali: anelli, zaini, borse, scarpe, portafogli… Lavorava lì da dieci anni quando è scoppiata la guerra. “In quel momento abitavo a Kiev, ma subito ho capito che dovevo andarmene”. Tre giorni dopo è riuscito a scappare in Slovacchia, e da lì ha viaggiato in molti paesi: Ungheria, Francia, Austria, fino all’Italia. “Mi sono mosso molto, ma nella mia testa l’Italia è sempre stata la meta finale”.

Karifala giocava a calcio da quando era bambino, ha continuato in Ucraina e, grazie alla Popolare Antoniano, ha ripreso anche in Italia. “Il calcio è la mia lingua”, dice. “È il mio modo di esprimermi, di sfogarmi, di svuotare la testa. Funziona così, quando hai una passione”. Oggi però fa fatica a giocare per un problema alle ginocchia, per cui sta aspettando l’operazione. “Scappando dall’Ucraina, abbiamo avuto un incidente in macchina”, racconta. “È stato lì che mi sono fatto male”.

Oggi Karifala vive in Casa Calabria, una struttura del Progetto SAI gestita da Antoniano Onlus. Sta studiando l’italiano, e nel frattempo continua a realizzare le sue creazioni: sul cellulare mostra una foto delle scarpe da ginnastica che ha decorato pochi giorni fa usando brillantini neri, bianchi e verdi. “Il mio sogno è ancora quello di diventare un calciatore”, afferma. “Il mio mito è Ronaldinho, l’ho sempre seguito, vorrei seguire i suoi passi”.

Anche Alpha, 19 anni, dal Gambia, gioca a pallone da sempre. “Non mi ricordo neanche quando ho iniziato”, ride. Arrivato a Bologna due anni fa, ora vive a Casa Makeba, una struttura del Progetto SAI gestita da Antoniano onlus e Officine Solidali Bologna. “Giocando a calcio nella Popolare ho conosciuto tanti ragazzi, e piano piano siamo diventati amici”, racconta. “Io sono sempre stato difensore, ma qui mi hanno messo al centrocampo e a volte in attacco. Il momento più bello è stato quando siamo andati all’Aquila in trasferta”.

Per il gruppo, la trasferta all’Aquila è stato un momento importante, che tutti ricordano con il sorriso: si trattava di un torneo di calcio popolare durato due giorni. “Siamo partiti tutti insieme con il treno, ci hanno ospitato una notte in un albergo in centro”, racconta Paolo Pappalepore, allenatore della squadra e operatore di Antoniano onlus. “È stato un viaggio che ha creato una grande unione: l’integrazione attraverso lo sport funziona tantissimo, i ragazzi escono dagli schemi, condividono momenti e costruiscono fiducia. Alla fine non abbiamo potuto giocare l’ultima partita perché gli orari erano slittati, e noi avevamo il treno che stava partendo. Non sappiamo se saremmo arrivati primi, secondi, o terzi, ma non importa: la più grande vittoria è stato il legame che si è fortificato in quei giorni”.

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