“Quando ci si trova davanti un ostacolo, la linea più breve tra i due punti può essere una linea curva”, scriveva Bertold Brecht. Per superare un’avversità, infatti, è necessario un accerchiamento lento e paziente, una curva progressiva di avvicinamento all’obiettivo. Così hanno fatto i fratelli Alina e Oleksander, sordi dalla nascita, che nella loro vita hanno dovuto affrontare molti ostacoli: la disabilità, la guerra, la perdita. Ma alla fine sono riusciti a costruirsi una nuova vita.
Alina e Oleksander sono nati in Ucraina, rispettivamente 36 e 33 anni fa. Lui lavorava come ingegnere, lei insegnava alla scuola per sordi di Kiev. Nel 2022, dopo l’invasione russa, insieme sono scappati in Italia. A luglio sono entrati nel Progetto SAI del Comune di Bologna, coordinato da ASP Città di Bologna, in particolare nella struttura “Casa de Gama” gestita dalla cooperativa sociale Arca di Noè, parte del Consorzio L’Arcolaio.
Subito si sono attivati per imparare la nuova lingua, anzi, le nuove lingue. Sì, perché oltre all’italiano c’è la Lingua Italiana dei Segni (LIS), diversa dalla Lingua dei Segni Ucraina.
“In Italia tutti usano i gesti e in qualche modo ci si capisce”, ride Oleksander. La nostra comunicazione è mediata da non uno, ma ben due interpreti: uno traduce dalla lingua dei segni ucraina a quella italiana, l’altra traduce dalla LIS all’italiano orale. “Qui a Bologna abbiamo incontrato tante persone accoglienti”, aggiunge Alina.
La comunità sorda è stata molto importante per il loro inserimento. L’Ente Nazionale Sordi (ENS) li ha aiutati a orientarsi nel nuovo contesto, a richiedere sostegni e a inserirsi nella comunità locale. “Sono un punto di riferimento fondamentale”, spiega Oleksander. Anche grazie all’ENS Alina e Oleksander hanno preso contatti con il bar Senza Nome, fondato in centro a Bologna nel 2012 da due imprenditori sordi per abbattere le barriere e favorire l’inclusione. Entrambi hanno realizzato lì un tirocinio di sei mesi: nel frattempo andavano avanti con la richiesta dei documenti, studiavano l’italiano alla Fondazione Gualandi e seguivano il corso di LIS all’ENS.
Alla fine del tirocinio, è arrivato il momento di cercare un lavoro. “Vista la loro esperienza, la sfida era trovare un impiego qualificato, anche senza che conoscessero bene l’italiano scritto e la LIS”, spiega Alberto Figaia, operatore dell’Area Lavoro della cooperativa Lai-momo, che si è occupato del loro inserimento. “Li abbiamo supportati spiegando come compilare un curriculum e come scrivere una mail per proporsi alle aziende. Alina ha mandato molte candidature nel mondo moda, ma è stato Oleksander a prendere i contatti con la società che poi li avrebbe assunti”.
L’azienda è la Digidoc, che fa parte del gruppo IMA e offre servizi di digitalizzazione di fatture, documenti di trasporto e altri documenti aziendali. Non è un caso che Alina e Oleksander si siano indirizzati qui: la società, nell’ambito di un progetto di inclusione e avviamento al lavoro, si avvale prevalentemente di personale sordo e sordastro, con il supporto di interpreti LIS.
“Tra i colleghi ci sono cinque persone sorde e sette sordastre (che sentono poco e hanno un apparecchio acustico, ndr)”, racconta Oleksander, che ha cominciato a lavorare lì a marzo 2024. “Mi occupo dei documenti tecnici e di progettazione. Usiamo programmi specifici e digitalizziamo, poi inviamo i documenti”.
A giugno, anche Alina è entrata in Digidoc. Il collocamento mirato ha finanziato un tirocinio di sei mesi, e ha attivato il percorso presso “Occupability”, progetto di ENS sull’inserimento lavorativo. Poi anche per lei è arrivato il contratto. “Scansiono i documenti, faccio i controlli, verifico i codici, invio le mail e segnalo le incongruenze”, spiega Alina. “Si tratta di una grande mole di documenti: ci vuole una certa precisione, per fortuna sono una persona metodica”. Interviene Oleksander: “Confermo, Alina è molto rigorosa”, ride, mettendo l’accento sull’avverbio “molto”. Anche Alina scoppia a ridere: “Di certo più precisa di te!” In ufficio, i due fratelli comunicano con gli altri in tanti modi: scrivono in italiano, segnano in LIS, e in caso di dubbio usano la traduzione istantanea sullo smartphone.
I due hanno sempre amato viaggiare, e Alina era già stata in Italia prima della guerra, per questo ha deciso di chiedere asilo qui. “In Italia si può comunicare più facilmente perché si usano tanto i gesti, poi ci sono belle città antiche, è un posto pieno di cultura”, afferma Alina. E Oleksander aggiunge: “Ci sono tanti paesi belli al mondo, ma l’Italia è la più bella di tutti. Soprattutto perché a me piace mangiare”, scherza. “Io adoro i tortellini in brodo, in Ucraina sono famosi”.
A dicembre 2024, Alina e Oleksander hanno concluso il loro percorso nell’accoglienza e hanno trovato una casa in affitto in Bolognina. “Abbiamo cercato per sette mesi, siamo stati aiutati dall’operatrice per l’abitare”, spiega Alina. “Insieme a lei abbiamo fatto un sacco di telefonate. Per fortuna avevamo un lavoro, quindi è stato più facile”. Con la nuova casa, i fratelli hanno potuto ospitare anche i loro genitori, che sono arrivati dall’Ucraina.
“Io ho sempre creduto in loro, ma la sfida non era semplice. Invece gli obiettivi che ci siamo dati all’inizio si sono realizzati”, conclude Alberto Figaia. “Grazie ad Alina e Oleksander mi si è aperto un mondo che non conoscevo, quello della sordità. È stata tutta una scoperta. Capire come comunicare, che progetti erano attivi… A Bologna ci sono tante realtà che organizzano attività interessanti”. Ad Alberto è piaciuta così tanto questa esperienza che adesso sta seguendo altri due beneficiari sordi, e vorrebbe imparare le basi della Lingua Italiana dei Segni. “Vorrei mettere a sistema tutto quello che sto imparando. Ho capito che la sordità non è un ostacolo, ma una risorsa, che ti permette di esplorare angoli di mondo che altrimenti rimarrebbero nascosti”.