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“Agricoltura e ingranaggi di precisione, qui in montagna lavoriamo e ci sentiamo a casa”

La montagna bolognese ha molto poco in comune con le loro terre d’origine in Africa. Eppure due giovani immigrati, portati dal caso nella struttura SPRAR-SIPROIMI di Lizzano in Belvedere gestita da coop. Lai-momo, hanno trovato sull’Appennino una dimensione in cui poter immaginare una vita più serena e forse iniziare a costruirsi un futuro. Insa, il più “anziano”, è nato 26 anni fa in Senegal e da due è in Italia. Bata, che viene dal Mali, ha 21 anni ed è in Italia da circa un anno. Li accomuna la casa SPRAR che condividono a Lizzano e poco altro. Hanno caratteri e passioni molto diverse, come forse anche le aspettative e le speranze per la vita che verrà.

Insa, un tuttofare con la passione per l’orto
Nel 2018 Insa ha partecipato al progetto di social farming al Corno alle Scale di cui abbiamo raccontato qualche tempo fa. Poi, come altri immigrati seguiti da Lai-momo nell’orientamento al lavoro, ha trovato un impiego come tuttofare in un albergo di Lizzano, l’hotel Bruna, gestito dalla famiglia Ciardo. Lì, con un contratto a chiamata partito a novembre 2018 ma che, con ogni probabilità, sarà rinnovato anche per la stagione estiva, svolge piccoli lavori per dare una mano nella gestione quotidiana dell’albergo e del ristorante.
“Porto la legna, tengo pulito l’esterno dell’hotel e sparecchio i tavoli, lavo i piatti e aiuto in cucina se c’è bisogno. E poi mi prendo cura dell’orto”, racconta Insa. Si intuisce che il giardinaggio è la sua vera passione, testata già con l’esperienza nell’azienda agricola in cui ha partecipato al social farming. “Vado a comprare le sementi, pianto i pomodori e le patate e gli altri ortaggi, mi piacerebbe anche provare a far crescere un mango nell’orto dell’albergo, un prodotto fresco in più a disposizione del ristorante”. A Insa piace fare l’agricoltore, perché è quello che ha sempre fatto finora: “Nel mio paese, con la mia famiglia, lavoravo nei campi già da quando avevo 7 anni. Lizzano mi piace perché è un posto molto tranquillo come il paese dove abitavo in Senegal, che era anche molto piccolo. Non vorrei vivere in una grande città, troppa confusione e cose che non mi piacciono. Per ora curare l’orto dei signori Ciardo è un hobby, ma se c’è un lavoro che davvero vorrei proseguire è quello del contadino”.
Antonio Ciardo è titolare insieme alla moglie dell’albergo che gestisce dal 1982. Un solo dipendente e ora il primo collaboratore immigrato, a cui tutta la famiglia è già affezionata. “Ha voglia di imparare sempre, è curioso di tutto – dice Antonio – e scopre qualcosa di nuovo tutti i giorni. Ci racconta tante cose del suo paese, le condizioni in cui viveva. Questo è uno spunto anche per considerare la nostra situazione da punti di vista diversi. Mi fa davvero piacere che si voglia integrare a Lizzano. Insa è affidabile e preciso nelle sue mansioni e l’orto è il suo regno, mi dà consigli su tutto quello che c’è da fare per avere gli ortaggi migliori. Gli abbiamo già rinnovato il contratto a chiamata sino alla fine di settembre”.

Bata, un grande lavoratore “raccomandato” dal sindaco
Bata lavora alla Vi&Vi di Fontanaccia di Gaggio Montano, un’azienda con 20 dipendenti che da mezzo secolo produce ingranaggi per il settore automotive e l’industria. Titolare è il signor Giuliano Betti, che racconta come a presentargli Bata sia stata la sindaca di Lizzano. “Mi hanno detto che aveva fatto un tirocinio formativo di un anno presso un’azienda agricola e aveva lavorato anche in una stalla – spiega il signor Betti -. Durante l’estate scorsa ha raccolto per due mesi i mirtilli in montagna. In paese a Lizzano si era fatto la nomea di ragazzo d’oro, con una grande disponibilità per tutti. Così ho aspettato che Bata avesse rinnovato il permesso di soggiorno di 6 mesi per poter attivare un percorso di tirocinio di 2 mesi. Da subito è stato una grande rivelazione: bravissimo in tutto quello che fa, puntuale e preciso, impara subito tutto senza mai bisogno di ulteriori istruzioni. Non avevo mai avuto esperienze con altri immigrati, ma per me italiano o straniero non fa differenza. Come non faccio differenze per il contratto di lavoro: gli ho promesso che l’avrei assunto e l’ho fatto, con un contratto di apprendistato di 2 anni, fino alla fine di gennaio 2021. Se una persona lavora bene, e l’azienda ne ha bisogno, con me non ha problemi, perché so cosa vuol dire la miseria e non mi piacciono le forme di precariato”.
Con il giovane operaio del Mali si è subito creato un rapporto speciale, così come con gli altri dipendenti della Vi&Vi. “È un po’ la nostra mascotte – prosegue Betti -. Tutti gli vogliamo bene e apprezziamo come lavora, dopo pochi mesi qui sa utilizzare tutte le macchine senza problemi. Alla cena di Natale dell’azienda era con noi e per tutti è stato un grande regalo. Nei momenti liberi mi racconta le cose che ha vissuto, quando è stato in prigione in Libia, e mi viene la pelle d’oca. In Mali ha lasciato un fratello e una sorella a cui manda parte di quanto guadagna”.

Con l’assunzione una svolta di vita
L’assunzione cambierà letteralmente la vita di Bata, che inizia a comprenderne le conseguenze proprio in occasione del nostro incontro. Superando la soglia del reddito minimo uscirà dall’accoglienza SPRAR e dai servizi che questa assicura, iniziando una vita come un qualsiasi altro ventenne che abbia avuto la fortuna di trovare un lavoro stabile e che deve cercarsi casa. Per lui è un passaggio epocale, come per tutti, ma anche motivo di apprensione. Il signor Betti lo abbraccia come un figlio e gli spiega cosa comporterà, gli dice che con uno stipendio potrà permettersi di affittare una casa magari più vicino al luogo di lavoro, senza dover più prendere il pullman tutti i giorni da Lizzano, e che non dovrà vivere più in una casa con altri cinque ragazzi e fare i turni per cucinare e andare in bagno. Fuori dal sistema SPRAR non potrà più avere nemmeno l’assistenza legale prevista dal progetto per seguire la sua richiesta di asilo, ma il fatto di avere un contratto, a tempo determinato o indeterminato che sia, sarà sicuramente un elemento a suo favore, una volta ricevuto un esito positivo della Commissione territoriale, per convertire l’attuale permesso di soggiorno di due anni in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Bata guarda tutti incredulo, emozionato e un po’ perplesso, perché forse non aveva mai riflettuto davvero su cosa volesse dire avere un lavoro vero.
Gli chiediamo come si trova in azienda: “Sto bene con i colleghi, Giuliano è un amico che si prende cura di me, alcune volte mi riaccompagna lui in auto a Lizzano se è diretto in paese – dice -. La cosa più difficile di questo lavoro? Fare bene le misure, devo imparare a farlo meglio. Alla festa di Natale è stato molto bello esserci e stare con gli altri, anche se non ho bevuto vino”. Il signor Betti interviene: “Ve l’ha detto che mi ha chiesto di aiutarlo a trovare la morosa? Vuol dire che qui si trova proprio bene”. Bata sorride un po’ imbarazzato, poi si rimette subito al lavoro.

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