Il profilo di una città, un cuore giallo, un mare azzurro increspato dal vento. E una figura bianca che si staglia nelle onde: “Lei rappresenta mia madre”, dice Mohamedali, mentre con il dito ripercorre quell’immagine stilizzata, attaccata con la colla insieme ad altre che danno forma al collage. “Sulla mia cartolina ho attaccato le cose importanti che mi rappresentano”. Mohamedali, 16 anni, arrivato dalla Tunisia un anno fa, ha realizzato la sua opera al Museo d’arte moderna Mambo di Bologna durante la “Summer School 2024”, l’iniziativa per minori stranieri non accompagnati organizzata dal Consorzio Gruppo Ceis all’interno del Progetto SAI del Comune di Bologna, coordinato da ASP Città di Bologna. Dal 24 giugno al 9 agosto, più di 30 ragazzi hanno partecipato ad attività, gite e incontri: tra queste c’erano anche i laboratori esperienziali all’interno dei musei di Bologna, come il Mambo.
“Dovevamo creare una cartolina da mandare a qualcuno, con un messaggio”, spiega Kebbah, anche lui 16 anni, dal Gambia, “Io sul retro ho scritto ai miei genitori che mi mancano. Sul davanti ho attaccato una mappa della città, e poi un cartoncino azzurro che simboleggia il mare”. Il mare è un elemento ricorrente in tutti gli elaborati realizzati durante la Summer School, oggi raccolti dentro l’aula della scuola di italiano di Casa Merlani, la struttura per minori stranieri non accompagnati gestita dal Gruppo Ceis sui colli bolognesi.
“C’è una scuola di italiano dentro la comunità, e un’altra scuola fuori”, spiega l’ideatrice Irene Olavide, insegnante di italiano e facilitatrice-mediatrice del Ceis. La Summer School è partita nel 2019 proprio con questo presupposto: “L’idea era di creare una scuola che fosse più esperienziale e che sfruttasse le offerte del territorio, per far sì che i ragazzi conoscessero quello che hanno intorno a loro, facessero gruppo e si mettessero in gioco nella pratica. Una scuola fuori dall’aula, insomma, impostata sulla sfera emotiva e sensoriale. Per un mese e mezzo ci siamo dedicati a uscire, a vedere, e poi abbiamo riportato tutto in classe: ogni attività è stata un importante spunto di riflessione. Questo è un modo diverso di studiare la lingua italiana”.
Tra i punti di forza della Summer School c’era la collaborazione con il progetto MIA – Musei Inclusivi Aperti, a cura dell’Istituzione Bologna Musei e realizzato in collaborazione con la RTI tra Senza Titolo, Aster e Tecnoscienza. C’è stata così l’opportunità di visitare diversi musei cittadini: oltre al Mambo, anche le Collezioni Comunali d’arte a Palazzo D’Accursio e i Musei Archeologico e Medievale. Non solo: alla fine di ciascuna visita era previsto un laboratorio esperienziale, nel quale ciascuno realizzava un manufatto per narrare la propria storia attraverso l’arte. Al Museo della musica ci si è sbizzarriti con il canto e con l’improvvisazione sugli strumenti. Mentre al museo della Civiltà Contadina di Bentivoglio ci si è cimentati come panificatori, ciascuno a produrre il pane tipico dei propri luoghi di nascita. “I ragazzi hanno avuto l’occasione di raccontarsi con linguaggi diversi”, racconta Olavide. “Questo ci ha permesso di includere sia chi parla bene l’italiano sia chi sta imparando, quelli più timidi e quelli più estroversi”.
“Il museo della Lamborghini mi è piaciuto tantissimo”, racconta Boye, 16 anni, dal Gambia. “Da grande mi piacerebbe tanto comprare una di quelle auto”, scherza, e scoppiano a ridere tutti. Boye è l’autodidatta della classe: è arrivato in Sicilia un anno fa, e all’inizio si è messo a studiare da solo l’italiano, usando una app che traduce in automatico dalla lingua wolof. Adesso il suo livello è migliorato molto, anche grazie alla Summer School: “La cosa più bella è stata la piscina, e lo sport: il mio corpo era felice”. Sì, perché oltre alle visite culturali la Summer school ha previsto allenamenti di wushu, tai-chi e atletica ai Giardini Margherita. “Ogni lunedì mattina i ragazzi si allenavano: è stato un successo, anche chi è più pigro partecipava, anche solo sedendosi a osservare”, racconta Olavide. Il wushu è un’arte marziale che insegna a controllare il corpo, a rispettare l’altro anche da un punto di vista fisico. Capiamo come imparare a cadere, come difendersi senza ferire. È stato di grande insegnamento”.
E poi ci sono state le gite, come quella ai Trecento scalini nel parco di Villa Spada e alle cascate del Moraduccio. In collaborazione con il Teatro dei Mignoli e con Beatrice Menegatti, laureanda in storia dell’arte, è stato realizzato un laboratorio espressivo sulla propria identità tra passato e presente. Ogni giovane ha realizzato una scatola che lo rappresenta: c’è una parte esterna, che vedono tutti, e il contenuto interno, che resta nascosto. C’è chi ha usato una vecchio contenitore di Vhs, chi una scatola da scarpe. Fuori, tutti hanno disegnato il cielo del proprio paese, e hanno incollato la ricetta del loro piatto preferito.
Anche durante il resto dell’anno, la scuola di italiano a Casa Merlani si basa sul fare, sulla narrazione personale, sull’identità, ispirandosi a un metodo elaborato dall’associazione Asinitas. Tra le coloratissime opere appese ai muri della struttura ci sono autoritratti materici, scritte colorate su grandi cartoncini, mappe emotive tratteggiate con la tempera. E anche le linee del tempo, ognuna delle quali racconta la storia di una vita. 2008: sono nato. 2018: vado in campagna con mio padre. 2023: arrivo in Italia. Futuro: voglio diventare un grande giocatore. “Per me è stato importante disegnare quella linea, mi ha permesso di ripercorrere il mio viaggio”, racconta Kebbah, con uno sguardo assorto. “È stato un viaggio lungo, difficile. È durato un anno”.
“Noi abbiamo a che fare con adolescenti che stanno crescendo, che non solo si trovano nel passaggio tra l’infanzia e l’età adulta, ma che sono anche in transizione tra diverse culture, lingue, abitudini”, conclude Olavide. “Si dice che l’adolescenza sia una seconda nascita: questi ragazzi ne stanno vivendo una terza”.