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“Zyp Zag”, così la passione per la sartoria ecosostenibile si fa mestiere

Una passione che si fa mestiere, accomuna uomini e donne, passa attraverso la cruna dell’ago, il sapiente abbinamento di stoffe e colori e ora si lancia alla prova del mercato. Si chiamano Faith, Lamine, Waqas, Precious, Chidinmah, Mustapha, Tahirou. Vengono da Nigeria, Senegal, Pakistan. Sono sarti, a tutti gli effetti. L’estate prevede una presenza, fitta, ai mercati artigianali del Bolognese – “i nostri prodotti sono a offerta libera, quello che vogliamo promuovere e valorizzare è il nostro progetto di integrazione” – con la sapiente collaborazione di Sara, operatrice di Arca di Noè che, come tutti loro, ha la sartoria nel sangue.

L’idea di Lamine e Sara
La storia di “Zyp Zag”, laboratorio di sartoria ecosostenibile nato in un centro di accoglienza, è nota, anche la Radio nazionale ci ha fatto una trasmissione. Quello che vale la pena spiegare è come il progetto, nato a inizio 2019 su impulso di Lamine e Sara, e la cui prima fase si è conclusa di recente, è solo agli albori. “Vogliamo coinvolgere altri ragazzi come noi, formare nuovi sarti, essere presenti nei mercati di più regioni, conoscere persone e artigiani, imparare da tutti e magari trasmettere un po’ del nostro sapere”.
Lamine, che già il padre in Senegal impegnava in lavoretti di sartoria, ha avuto l’idea e ha coinvolto altri migranti. Due volte la settimana, da gennaio a marzo, è in laboratorio per affinare competenze che molti già avevano e sviluppare la capacità di fare borse, astucci, zaini, grembiuli. “Abbiamo imparato molte cose grazie al nostro insegnante, Mamadou, che con pazienza e bravura ci ha accompagnato in questo percorso di crescita”. Tanto che i ragazzi, coordinati da Faith, sono pian piano diventati autonomi e presto alcuni di loro saranno assunti da Vicini d’Istanti, l’associazione che ha ospitato gli incontri e messo a disposizione le competenze tecniche.

 

“Ridiamo forma e vita a vestiti e tessuti”
“Eravamo già tutti in grado di utilizzare le macchine per cucire – spiegano – ma soltanto qui abbiamo appreso i diversi modi di produzione e le richieste del mercato europeo. Ridiamo forma e vita a vecchi abiti e tessuti, e lo facciamo in maniera ecosostenibile. Lo sapete che per produrre un solo paio di jeans occorrono 9500 litri d’acqua? Che ogni abito che indossiamo viene immerso in almeno 15 vasche di tintura con sostanze coloranti dannose e che il boom degli abiti da uomo o da donna a basso prezzo sono una combinazione di sfruttamento del lavoro e inquinamento ambientale?”
Il laboratorio “Zyp Zag” è dunque nato dalla passione per la sartoria unita al concetto delle tre ‘R’, Ridurre-Riciclare-Riutilizzare, e dall’esigenza di sensibilizzare rispetto al consumo consapevole e ad una lavorazione ecosostenibile.

“Nei mercatini per farci conoscere e integrarci”
“Più che per il guadagno, pure importante, inventiamo abiti e oggetti utili per il piacere di metterci alla prova, per farci conoscere e apprezzare, per integrarci. La nostra speranza è poter continuare su questa strada: perfezionarci, conoscere artigiani e sarti, confrontarci con loro, oltre a coinvolgere un numero sempre maggiore di migranti. Cerchiamo una sede, nuove risorse, aspiranti sarti e persone sensibili alla sostenibilità anche nel lavoro. Mamadou, che viene dalla Costa d’Avorio, ci ha formati e noi ci siamo affidati a lui. Ora vorremmo condividere lo stesso percorso, essere utili e insegnare a nostra volta il mestiere”.
Il laboratorio “Zyp Zag” ha avuto una parte teorica (dedicata anche al riuso e al riciclo) e una pratica (per rapportarsi con i clienti e relazionarsi con gli artigiani), tanto che ora nascerà anche un “Manuale di sartoria”. Con linguaggio semplice e divulgativo, lo sta predisponendo Waqas, che nel tempo libero insegna utilizzando ago e filo anche a bambini e disabili. “L’obiettivo è far conoscere l’esperienza del nostro laboratorio, mettere in rete i migranti che vedono nella sartoria un percorso di integrazione e un futuro lavorativo, entrare in contatto con realtà differenti”.
Mustapha, Precious, Faith sottolineano con forza gli stessi concetti: “Qui abbiamo imparato tanto, in particolare che non esistono materiali inutili ma che tutto si può riutilizzare, magari sotto una forma diversa. Pantaloni, giacche, vestiti, borse, orecchini… Sappiamo fare di tutto, ma vorremmo poter studiare ancora, avere un posto tutto nostro, specializzarci. L’integrazione passa da qui”.
“Il laboratorio è stato il primo passo – sottolinea Sara – ora i ragazzi devono entrare compiutamente nel mercato, sviluppare contatti con operatori, artigiani e stilisti, magari proporsi per abiti da sfilata. Ragazzi di paesi molto diversi si sono uniti grazie ad una passione, sono diventati amici e sarti veri: Zyp Zag è un progetto pilota che in futuro vorremmo condividere e sviluppare con ragazzi ospiti di altre strutture e cooperative”.

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