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“Qui abbiamo trovato un lavoro e amici, ci sentiamo integrati”

Mamadi, titolare di protezione sussidiaria installa impianti fotovoltaici

Manager, consulenti e formatori, motivatori ed esperti di welfare aziendale si sforzano di ripetere che la qualità di un luogo di lavoro e il successo di un’impresa sono frutto anche e soprattutto delle relazioni che si instaurano tra i colleghi, dello spirito di gruppo che riesce a crearsi, del reciproco sostegno e collaborazione e della crescita collettiva. Ci sono esempi eccellenti di aziende che applicano questa visione per l’ottenimento degli scopi aziendali, ma ci sono anche realtà che ribaltano la prospettiva e vedono il lavoro e la produzione soprattutto come uno strumento per creare relazioni, favorire il benessere e lo sviluppo individuale. E il loro successo sta proprio nel far stare meglio, tramite il lavorare insieme, persone a rischio di esclusione, disabili o che vivono condizioni di svantaggio.

Una di queste è la cooperativa sociale “Arca di Noè” di Granarolo dell’Emilia, che da anni opera per l’inserimento lavorativo di persone con specifiche vulnerabilità attraverso interventi socio-educativi basati sul metodo partecipativo. Il 21 marzo è stata premiata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) con la possibilità di fregiarsi del logo “Welcome – Working for refugee integration 2018”, che valorizza gli esempi positivi di integrazione professionale all’interno degli staff lavorativi di richiedenti e titolari di protezione internazionale.

Nella sede di Cadriano, appena fuori Bologna, una ventina di dipendenti, tirocinanti e apprendisti svolgono lavorazioni di montaggio, confezionamento, cablaggio e logistica in conto terzi. Fanno parte del gruppo tre ragazzi immigrati dall’Africa: Papy, Mamadou e Mamadi. In fuga da situazioni di vita differenti hanno tutti trovato nell’Arca di Noè un punto di riferimento e hanno scoperto colleghi di lavoro sorprendenti.

Papy, rifugiato politico della Repubblica Democratica del Congo al lavoro

Papy, perseguitato in Congo ha trovato la serenità lavorando ad Arca di Noè

Papy, con i suoi 37 anni, è il più anziano del gruppo. È in Italia dal 2012 e già alla fine di quell’anno ha ottenuto asilo politico a seguito della persecuzione per la sua attività politica nella Repubblica democratica del Congo, che gli è costata ferite di cui ancora oggi porta i segni. Dopo lunghe cure e riabilitazioni ha ritrovato autonomia e serenità a Bologna. Tre anni fa ha anche scoperto che la moglie e i tre figli, che aveva lasciato nelle campagne di Kinshasa, sono fuggiti a loro volta in Francia. Oggi vivono separati ma si sentono e, quando possibile, si incontrano.

“Sono stato ospite per quasi 3 anni in una struttura SPRAR dell’Arca di Noè a Quarto Inferiore – racconta l’ex attivista politico congolese -. Ho una laurea in Scienze Politiche al mio paese e, accanto all’attività politica, avevo messo su una piccola azienda di trasporti. A Bologna ho fatto diversi corsi di formazione, tra cui uno per magazziniere. Poi, dal 2015, ho iniziato a lavorare all’Arca di Noè, prima come tirocinante, poi apprendista e poi assunto nel 2017. Vivo a Massa Lombarda, dove ho trovato un piccolo appartamento in affitto in cui abito da solo da 7 mesi. Prima mi spostavo col bus, ora ho preso un’auto e sono più autonomo. Vicino a Bologna non sono riuscito a trovare nulla a un prezzo accessibile e, soprattutto, non avendo ancora un contratto a tempo indeterminato, nessuno voleva affittarmi casa”.

Nel tempo le sue mansioni sul lavoro si sono evolute: “Ho iniziato come responsabile di assemblaggio di ruote per sedie, ora monto valigette e altri pezzi più complessi – spiega Papy -. In ogni passaggio delle attività lavoro insieme alle altre persone e supervisiono ciò che fanno. All’inizio devo ammettere che ero un po’ perplesso, sono laureato e speravo di trovare un impiego diverso. Mi avevano detto che avrei lavorato con persone con disabilità e mi chiedevo se sarei stato in grado di farlo, non avevo alcuna esperienza simile in precedenza. Poi, piano piano, tutto è cambiato e ora questo lavoro mi piace molto. Con tutte le persone qui si è creato un legame molto forte che va oltre le ore in cui lavoriamo insieme. Accorgermi che mi cercano, che per loro sono un punto di riferimento, un amico, ha cambiato il mio modo di vedere la cosa. Ora giochiamo anche insieme, ci divertiamo e ci vediamo spesso anche fuori dall’azienda, nel tempo libero: andiamo ai compleanni di ognuno, a feste e cene insieme. Grazie all’Arca di Noè ora sto meglio, non soffro più come prima, ho meno pensieri e sono sereno in compagnia di queste persone. Sto riuscendo a organizzarmi una nuova vita. Certo, pensavo di fare il politico ma non è andata così. Se Dio mi darà ancora la forza, ora che la mia laurea è stata riconosciuta anche qui, chissà che non possa un giorno pensare alla politica anche in Italia”.

Mamadou: “La sera non vorrei mai andare a casa, qui mi sento parte di una comunità”

Mamadou ha 29 anni e viene dalla Guinea Bissau. È in Italia dalla fine del 2014 e a Bologna dall’anno seguente. A metà aprile scadrà il suo contratto di apprendistato di due anni con Arca di Noè e l’intenzione della cooperativa, se le commesse proseguiranno allo stesso ritmo, è di assumerlo quantomeno a tempo determinato. Ora è titolare di un permesso di soggiorno per casi speciali – regime transitorio (nel nuovo Decreto Immigrazione sostituisce il permesso per motivi umanitari).

“Condivido con due amici un appartamento in affitto a Bologna, prima ero in un centro di accoglienza di Arca di Noè e poi della Caritas – spiega Mamadou -. In Guinea ho due fratelli più piccoli che studiano, non abbiamo più i genitori. Io non ho studiato molto al mio paese ma a Bologna ho preso la licenza media e fatto diversi corsi di formazione, anche uno nel 2016 per diventare elettricista. Vorrei continuare a formarmi anche come meccanico”. Al lavoro Mamadou va in autobus ed è impiegato a tempo pieno: “Di solito lavoro due giorni alla settimana in sede, facendo soprattutto assemblaggio, e tre giorni fuori come elettricista o idraulico. Quando ci chiamano per lavori di manutenzione andiamo sempre io e un altro dipendente italiano della cooperativa”.

Tra il lavoro interno e quello esterno Mamadou non ha preferenze. “Quando lavoro con gli altri qui in sede sto bene perché sono tutte belle persone – dice -, ho imparato a gestire il mio rapporto con loro e ci rispettiamo a vicenda. Da parte loro, anzi, vedo più apertura verso di me rispetto alla gente che incontro quando non sono al lavoro. Per questo non vorrei mai finire la giornata lavorativa, preferirei restare sempre qui perché mi sento molto più integrato e rispettato, mi sento importante e parte di una comunità. Certo, anche fuori mi trovo bene, ma è diverso. Il fine settimana esco con gli amici, sia stranieri che italiani. Giochiamo a calcio e calcetto, per un po’ di tempo ho giocato in una squadra ma poi ho avuto un problema al ginocchio e ho dovuto smettere. Per il resto giro la città, mi piace il centro di Bologna con i suoi i monumenti e i luoghi turistici”.

Mamadou della Guinea Bissau lavora come idraulico ed elettricista

Mamadi: “Qui ho imparato a capire la diversità e il valore dell’amicizia”

Mamadi è senegalese, ha 30 anni ed è arrivato nel nostro paese nel 2014. Dopo il consueto tirocinio e apprendistato è stato assunto da Arca a inizio 2019 a tempo indeterminato. Per un periodo è stato nella struttura di accoglienza SPRAR di Villa Aldini, gestita sempre da Arca di Noè. Ora ha un permesso per protezione sussidiaria, che scadrà tra un anno e potrà poi essere trasformato in un permesso di soggiorno per motivi lavorativi. “In Senegal, dove ho lasciato mio padre e due fratelli, facevo la guida turistica – racconta -. Adesso vivo a Bologna, in centro storico, in un appartamento affittato insieme a un coinquilino. In città mi sento a casa mia, nel tempo libero faccio palestra, esco con gli amici e andiamo a ballare o nei locali della zona universitaria. Quando lavoro in sede faccio assemblaggio, mi sono specializzato in quello dei cavi ferroviari e dei trasformatori delle linee ferroviarie. Poi capita spesso che lavori anche fuori: insieme al mio collega Mario installiamo impianti fotovoltaici e facciamo manutenzione dell’illuminazione pubblica. Spesso siamo fuori Bologna, a volte anche fuori dall’Emilia-Romagna e mi piace conoscere posti nuovi. Ho fatto un corso di formazione da elettricista, uno alberghiero e ho conseguito il diploma di licenza media e la patente di guida. Mi piace quello che faccio e vorrei che la mia esperienza e il lavoro crescessero in futuro”.

Anche a Mamadi si illuminano gli occhi quando parla del rapporto speciale che si è creato con i colleghi. “Prima di arrivare qui ero un po’ chiuso, stavo in disparte e non socializzavo molto. Loro mi hanno insegnato ad avere pazienza, a capire e accettare la diversità – afferma sorridendo -. Qui siamo tra amici”.

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