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“Artolè”, quando il linguaggio dell’arte è universale e inclusivo

“Quando sei ospite in un paese devi conoscerne la storia e le tradizioni. Per questo mi è piaciuto molto partecipare ad Artolè, una festa che mi ha fatto conoscere meglio le abitudini degli italiani, il loro modo di divertirsi e soprattutto la loro fantastica cucina.” Così ha commentato Mamadou, un ragazzo della Guinea di 25 anni che ha partecipato con gli altri ospiti del Centro di accoglienza straordinaria di Montepastore alla 21a edizione di Artolè, una due giorni di musica, danze e varie manifestazioni artistiche che si tiene ogni anno alla fine di agosto nel borgo di Tolè, una frazione di Vergato sull’Appennino bolognese.

“Ci siamo travestiti da elfi e da personaggi delle favole e abbiamo partecipato con gli abitanti del paese e i turisti arrivati per la manifestazione a una festa in costume che ha molto divertito i bambini – spiega il giovane – Ma mi sono divertito anch’io, immergendomi in una messa in scena teatrale, pratica molto lontana dai miei studi e interessi scientifici”.

“Sogno l’Università e lavoro alla mensa dell’Antoniano”

Sì, perché Mamadou è un richiedente asilo che nel suo Paese studiava alla facoltà di Matematica e che ora vorrebbe completare gli studi e laurearsi a Bologna. “Ma non è facile – commenta – Qui ho frequentato qualche lezione, ma finché non otterrò il permesso di soggiorno definitivo non potrò iscrivermi all’Università. Intanto continuo a studiare per conto mio e do lezioni ai ragazzi che vivono con me nella casa di Montepastore”. Mamadou ha ereditato la passione per le materie scientifiche dalla mamma biochimica, che ha lasciato in Guinea insieme ai fratelli. Per il momento è felice di poter lavorare. Ha frequentato un corso di formazione per operatore di ente culturale e ora lavora alla mensa dell’Antoniano: “Il mio compito è quello di far rispettare le regole alle tante persone che ogni giorno vengono per chiedere un pasto. Devono stare in fila, non litigare e non creare problemi.”.

 

 

La passione per il cibo italiano

Quando si parla di cucina italiana gli occhi si illuminano ai due amici che l’accompagnano e che hanno partecipato alla sagra di fine agosto. Amadou e Sanououlen, entrambi del Mali, sono meno spigliati nell’esprimersi ma dettagliatissimi quando si parla di cibo. “Durante Artolè abbiamo mangiato tantissimo – raccontano con entusiasmo – Piatti italiani molto buoni: gramigna, tortelloni, lasagne, tanti dolci”. In Italia sono arrivati insieme, provenienti dallo stesso villaggio. Amadou ha 25 anni, Sanououlen solo 21. Nel loro Paese frequentavano la stessa scuola e il lungo viaggio ha rinforzato la loro amicizia. Vivono come Mamadou nel Centro di accoglienza di Montepastore, una frazione del comune di Monte San Pietro, che accoglie in tutto 18 giovani africani. Gli ospiti della struttura, gestita dall’associazione Mosaico di Solidarietà del consorzio L’arcolaio, vanno a scuola, seguono corsi professionali e tirocini. Ciascuno ha partecipato a progetti formativi, oltre ad attività di volontariato organizzate in collaborazione con il Comune. Amadou ha seguito uno stage con un allevatore di api che gli ha mostrato tutto il ciclo di produzione del miele, mentre Mamadou e Sanououlen hanno partecipato a un’iniziativa dell’ANPI su memoria storica e cittadinanza attiva. Altri progetti sono stati svolti insieme al CAI e alla locale polisportiva. “Stare in montagna è bello, soprattutto d’estate – raccontano i tre giovani –. Sono paesaggi nuovi per noi, ma si sente un po’ il peso dell’isolamento. Siamo lontani dalla città, l’autobus c’è solo di giorno e la sera non abbiamo molte occasioni di svago”.

Per questo la due giorni di Artolè ha rappresentato per gli ospiti della struttura di accoglienza di Montepastore un importante momento di confronto e d’integrazione con il territorio. Hanno lavorato con gli organizzatori dell’evento che li hanno fatti sentire parte integrante della comunità. L’allestimento di mostre di pittura, scultura e performance varie ha reso il borgo un vero e proprio museo a cielo aperto e le innumerevoli iniziative ludiche organizzate per i più piccoli hanno permesso ai ragazzi del Centro di accoglienza di manifestare tutta la propria creatività attraverso la musica e il teatro. “Ma ci siamo resi utili anche nella parte organizzativa – spiegano –. Il sabato siamo andati a prendere tavoli e sedie per organizzare il pic nic nel parco, poi abbiamo collaborato per la sicurezza sulle strade per i visitatori e la domenica ci siamo vestiti con giacche e cappelli colorati e abbiamo messo in scena un piccolo spettacolo per i bambini e suonato i tamburi”.

Artolè, che viene organizzata dell’associazione Fontechiara in collaborazione con il Comune di Vergato e l’Unione dei Comuni dell’Appennino bolognese, ha dunque rappresentato per gli ospiti della struttura di Montepastore un momento importante di integrazione con il tessuto socioeconomico in cui vivono e di conoscenza di una parte della cultura popolare italiana. Per ricambiare l’affetto dimostrato dai loro vicini di casa hanno organizzato una festa per il secondo anno di apertura del Centro, invitando amici e conoscenti e accogliendoli con uno spettacolo di danze tradizionali e con una mostra fotografica sulla loro vita quotidiana. Uno scambio di ospitalità che ha confermato una volta in più quanto il linguaggio dell’arte sia universale e aggregante.

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